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Ricerca scientifica e attività didattica 

Il Castagneto didattico-sperimentale di Granaglione, di proprietà della Fondazione Carisbo dal 2003, e realizzato grazie alla partecipazione al “Progetto Appennino” dalla visione futuristica per l’epoca del Prof. Umberto Bagnaresi, viene oggi riconosciuto a livello nazionale come importante Centro di biodiversità naturale. Dal 2017 la gestione tecnico-scientifica è stata affidata all’Accademia Nazionale di Agricoltura, rivolta ad attività di valorizzazione delle risorse del Castagneto di Granaglione tramite ricerche scientifiche, corretta gestione del castagno atta al mantenimento della biodiversità vegetale, studio del sequestro del carbonio ed evoluzione dei suoli in funzione delle coperture vegetali. Le numerose attività progettate per il Castagneto di Granaglione si inseriscono tra le azioni prioritarie e gli strumenti di progettualità che la Fondazione Carisbo indirizza allo sviluppo sostenibile dell’Appennino metropolitano, prevedendo anche il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati con obiettivi comuni. Ne è significativo esempio la sinergica collaborazione che ha ottenuto il riconoscimento, da parte del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – con Decreto del 31/3/2022 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18/6/2022 –, del Castagneto didattico-sperimentale di Granaglione a Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale. 

In precedenza, i Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale erano solo tre, riconosciuti nel 2002 e gestiti dall’Arma dei Carabinieri Forestali (Pieve S. Stefano in provincia di Arezzo, Bosco Fontana in provincia di Mantova e Peri in provincia di Verona). Dal 18 giugno 2022 sono entrati a far parte di questo ristretto gruppo altri cinque Centri di grande eccellenza e unicità naturale: l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR-ISPS di Torino, il Centro di ricerca foreste e legno del CREA di Arezzo, il Laboratorio semi dell’Università di Firenze, il Centro regionale di Castanicoltura del Piemonte di Chiusa di Pesio (TO) e il Castagneto didattico-sperimentale di Granaglione di Bologna.

I Centri perseguono l’approvvigionamento e la conservazione di specie e provenienze forestali importanti per la salvaguardia della biodiversità di una zona omogenea dal punto di vista ecologico nonché degli ecosistemi forestali presenti, curando specifiche attività di studio e modalità di conservazione del germoplasma forestale di importanza scientifica e di riferimento nazionale.

Il Castagneto, di circa 10 ettari, si trova a Granaglione, in località Varano, comune di Alto Reno Terme sull’Appennino Tosco-Emiliano e, al suo interno, vanta l’eccezionale raccolta del germoplasma del castagno rappresentata dalla varietà di 14 tipi di castagno da frutto e 4 da legno, un unicum a livello nazionale, al quale si aggiunge la parte monumentale. 

La Cooperativa sociale agricola Campeggio di Monghidoro assieme alla Cooperativa Agricola Beltaine, svolgono i necessari lavori di mantenimento dei luoghi durante l’anno. Il castagneto garantisce la produzione di farina derivata dalle castagne e castagne essiccate ad aria trasformate in granulato per la produzione del birrificio Beltaine. A quest’attività principale si aggiungono la produzione del miele di castagno e i prodotti del sottobosco che crescono in maniera spontanea. Il Castagneto è anche luogo che trasmette valore e memoria attraverso la realizzazione di progetti, laboratori, eventi, visite scolastiche e turistiche con i percorsi “Le ceppaie da frutto”, “La sorgiva”, “La via del legno”. Il castagneto è interamente recintato, con strutture per l’accoglienza, servizi igienici, spazi attrezzati per consumare pasti al sacco in ambiente naturale e dotato di una xiloteca che espone 30 essenze arboree autoctone, completa di testi in italiano, inglese e in braille.

Il Castagneto di Granaglione si trova all’interno del Paesaggio rurale di interesse storico denominato “Corona di Matilde” – riconosciuto come tale dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali con Decreto del 16 luglio 2021, a seguito di un progetto realizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura – area che circoscrive un ampio territorio di circa 2.500 ettari che va dai 300 ai 1.000 metri (s.l.m.). Il livello di integrità del paesaggio rurale storico dell’area, infatti, rappresenta la sintesi delle informazioni ambientali, territoriali, culturali, storiche e socioeconomiche che la caratterizzano. La sintesi delle persistenze dei borghi e nuclei storici associati alla castanicoltura, l’edilizia rurale sparsa di interesse storico, gli edifici religiosi e i manufatti devozionali, le fonti e le sorgenti, gli alberi monumentali e i siti arborei di pregio costituiscono un insieme, rimasto immutato e integro nei secoli, talmente rilevante da aver ottenuto il riconoscimento nazionale che lo annovera tra i 27 Paesaggi rurali di interesse storico italiani.

Il Castagneto didattico-sperimentale è visitabile e si compone delle seguenti aree, ognuna con le sue peculiarità.

Castagneto Tradizionale”, impiantato all’inizio del ‘900, dopo un periodo di abbandono è stato recuperato con finalità produttive e testimonianza storica della castanicoltura tradizionale. Questa struttura aperta e luminosa è tipica dei castagneti da frutto. Le piante sono riunite in piccoli gruppi, raccolti intorno ai resti (la “ceppaia”) di un vecchio esemplare maestoso ormai scomparso. 

A chi sappia cercare è evidente su molte piante la traccia di antichi innesti, realizzati all'inizio del '900 dal proprietario sui giovani polloni. Il taglio del castagneto secolare non fu quindi conseguenza dell'abbandono, ma rispondeva alla normale pratica di tagliare talvolta le vecchie piante per ringiovanire il castagno da frutto. Le piante tagliate venivano poi vendute alle fabbriche di tannini, di cui il legno di castagno è ricco e che venivano  utilizzati un tempo per la concia delle pelli. Fino agli anni ‘50 c’era una di queste fabbriche proprio a Porretta. Notiamo infatti la differenza fra la zona a monte e quella a valle del punto di sosta. La zona a monte reca ancora le tracce dell’abbandono, con l’interruzione delle potature. Nella zona a valle (verso il centro di accoglienza) un attento intervento di recupero ha ripristinato il castagneto tradizionale, così come si presentava all’inizio degli anni ‘50.

Castagneto Monumentale, caratterizzato da maestose piante colonnari dalla chioma ristretta e ben distanziate fra loro secondo il tradizionale sesto matildico, è soggetto ad interventi prettamente conservativi con operazioni di potatura e diradamento al fine di migliorarne le caratteristiche strutturali ed estetiche.

Castagneto Sperimentale da legno” con 5 varietà di innesti da legno. Il legname di castagno è molto apprezzato dalla fiorente industria italiana del mobile, che però nonostante la ricchezza di castagneti del nostro Appennino importa quasi tutta la materia prima dall'estero. Oltre a cause puramente economiche, molti dei nostri castagneti producono un legno di scarsa qualità a causa del fenomeno della "cipollatura", il distacco cioè delle cerchie annuali del legno, che lo rende non idoneo per la tranciatura. Negli ultimi anni sono state però individuate nell'Appennino Settentrionale alcune cultivar esenti da questo problema (le toscane Politora, Cardaccio, Mozza e Mondistollo e l’emiliana Perticaccio), impiegate nell’impianto specializzato per la produzione di legname di qualità. L’impianto replica in territorio bolognese la sperimentazione già avviata in Toscana dall’Università di Firenze.

L’area interessata è stata ceduata (cioè tagliata a raso) nell'inverno del 2004, e sui polloni sono stati innestati le marze delle cultivar selezionate con tecnica a spacco pieno; i castagni innestati daranno fusti di prima qualità nell'arco di 30-40 anni.

La cipollatura del legno di castagno. La cipollatura è un difetto del legno molto frequente nel castagno, che si manifesta con la apertura di fessurazioni al confine fra due cerchie annuali successive. Queste possono interessare solo parte del perimetro o, nei casi più gravi, l’intera circonferenza fino a provocare il distacco completo fra le due parti del tronco. La suscettibilità a questo difetto appare essere sotto controllo genetico: sono stati infatti selezionate alcune cultivar che ne sono esenti. Anche nelle piante soggette alla cipollatura, però, una corretta gestione selvicolturale minimizza il problema. La cipollatura è infatti associata ad improvvisi sbalzi nella velocità di crescita della pianta, quali si osservano in seguito ad un diradamento di intensità eccessiva. E’ quindi buona pratica realizzare nel castagneto da legno diradamenti frequenti e cauti, anche per evitare il prepotente ricaccio di polloni dalle ceppaie.

Castagneto Sperimentale da fruttoha seguito la medesima procedura adottata per il castagneto da legno: taglio raso delle piante esistenti nell’inverno 2004/2005 e successivo innesto nella primavera 2006 con 12 varietà di castagne (Bovalghe, Castione, CentaS.Nicolò, Ceppa, Drena, Lisanese, Pastanese, Pastinese, Pelosa, Roncegno, Sborgà, Svizzera) e 2 varietà di marroni (CasteldelRio, Zocca) al fine di realizzare un moderno impianto di castanicoltura specializzata da frutto. Nel 2015 il castagneto da frutto è pienamente produttivo e le ceppaie sono state cartellinate. Vengono eseguite periodiche potature per il contenimento della chioma

Il castagneto rappresenta ora campo collezione unico nel suo genere nell’Appennino tosco-emiliano-romagnolo. Le varietà “Ceppa” e “Pastinese” compaiono tra i 13 tipi di Castagna a rischio di estinzione riportati nel catalogo della Regione Emilia-Romagna per la conservazione della agrobiodiversità vegetale.

"Castagneto ri-naturalizzato" (castagneto abbandonato) popolata da castagno ceduo, pino nero, pioppo, ciliegio selvatico, abete bianco, in cui è presente una sorgiva che termina in un invaso.

"Bosco misto ceduo" in cui troviamo quercia, carpino e castagno selvatico.

La Civiltà del Castagno è rappresentata dal “seccatoio” (canniccio) che trasforma le castagne con metodo tradizionale per produrre farina di castagne e granulato per la birra alle castagne affumicate e ginepro. Il canniccio è una costruzione in muri a secco cementati con semplice terra, coperta da un tetto in lastre di pietra, non sembra avere altre aperture oltre ad una stretta porta ed una finestrella al piano superiore. Se ci affacciamo attraverso una breccia nel muro sul retro, vediamo come la costruzione consista di due soli locali, divisi da un soffitto di assicelle. Il locale al piano terra è ancora tutto annerito dal fumo, ma non si scorge traccia di focolare o di camino.

Questa piccola costruzione in muratura era divisa in due da un graticcio (gradél), su cui venivano sistemate le castagne. Sulle travi del gradél venivano posati dei listelli di legno di castagno, abbastanza vicini da impedire la caduta delle castagne, ma abbastanza distanti da consentire il passaggio dell’aria calda, generata dal fuoco che veniva mantenuto acceso per 20-40 giorni nel locale a piano terra. Le castagne venivano caricate sul gradél attraverso la piccola finestra esterna. Si accendeva poi un fuoco utilizzando legna bagnata, fumigando così i frutti per uccidere le larve della Carpocapsa.

Lavorazione storica della castagna. Dopo l'essiccazione, le castagne erano scaricate sull’aia e sottoposte alla prima pestatura con la mazza (màza) per separare il frutto dalla buccia secca. Alle donne toccava la vagliatura per allontanare i gusci spezzati, che sarebbero andati a costituire l’altrettanto preziosa pula, detta òiva. Un’ulteriore battitura era effettuata in un secchio di legno di castagno, il burgòn, dove le castagne erano battute a colpi cadenzati di mazàngra. L’ultima vagliatura era ancora effettuata dalle donne, con l’impiego di uno strumento detto vassùra, un largo piatto squadrato col quale si lanciavano abilmente all’aria le castagne, separando l’ultima porzione di pula senza far cadere a terra i frutti secchi. Una volta seccati, alcuni dei frutti venivano conservati in casa in sacchi appesi all’interno del camino, una vera leccornia per tutto l’anno. Il grosso della produzione veniva invece portato ai mulini per la macinatura. La farina, conservata nei tradizionali cassoni di legno presenti in tutte le case, veniva accuratamente pigiata al fine di escludere dalla massa l’aria, che avrebbe esposto il prodotto all’attacco di vari agenti parassitari. La pigiatura si effettuava con l’utilizzo del matterello, fino ad ottenere un prodotto molto compatto, detto localmente maròcchel, che doveva essere tagliato con il coltello quando si voleva utilizzare.

Ai margini del castagneto sperimentale da frutto ospitiamo l’apiario durante la stagione estiva, per la produzione del miele sono state inserite arnie transumanti trasportate durante il periodo di fioritura del castagno. 

L’apiario, realizzato a scopo didattico/produttivo, è collocato ai margini del castagneto da frutto in zone visibili, messe in sicurezza e non accessibili ai visitatori. Le proprietà del fiore

del castagno, contenuta negli oli essenziali, si trasferiscono anche nel miele, che risulta di colore ambrato scuro, con tonalità rossastre quasi trasparenti. Tali proprietà conferisco al miele di castagno un aroma molto intenso, sapore forte e persistente, leggermente tannico, con retrogusto amarognolo. Miele che presenta indubbie qualità nutrizionali, oltre a favorire la circolazione sanguigna.

Il Castagneto è anche luogo che trasmette valore e memoria attraverso le cicliche fasi di raccolta e trasformazione ed i rapporti umani sono rafforzati negli eventi organizzati dalla tarda primavera fino all’autunno. In particolare la festa d’autunno “Dalla castagna alla Birra” promuove la raccolta di castagne a squadre ed in forma giocosa e conviviale. 

L’uso del Castagneto in funzione sociale è aperto anche ad altre cooperative o enti per la realizzazione di progetti mediante laboratori. E’ visitabile tutto l’anno per accessi a scuole di ogni ordine e grado e per ospitare gruppi di visitatori.

Il Castagneto è visitabile, accompagnati da personale della cooperativa, attraverso i percorsi “Le ceppaie da frutto” – “La sorgiva” – “La via del legno”, è integralmente recintato, ha accesso pedonale e carrabile.

All’interno del Castagneto ci sono due strutture per l’accoglienza, dotate di servizi igienici, accessibili anche da persone in carrozzina, e locali attrezzati per consumare un semplice pasto al sacco in ambiente confortevole. In particolare durante gli eventi è disponibile un servizio di catering con menu tipico del territorio.

In questi anni stanno procedendo le attività sperimentali condotte da UniBo e cooperativa I-Ter con i progetti europei "Castani-CO", "Biodiversamente castagno", e "Agri-ForestER" a cui abbiamo aderito come partner associato. 

DOCUMENTAZIONE GO AGRI-FORESTER

AGRI-FORESTER "LINEE GUIDA PER LA GESTIONE SOSTENIBILE, LA VALORIZZAZIONE DEI SERVIZI ECOSISTEMICI E DEL SEQUESTRO DI CARBONIO NEL SISTEMA FORESTALE EMILIANO-ROMAGNOLO

iniziativa realizzata nell’ambito del Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2020 – Tipo di operazione 16.1.01 – Gruppi operativi del partenariato europeo per l’innovazione: “produttività e sostenibilità dell’agricoltura” – Focus Area 5E – Progetto AGRI-FORESTER

https://www.pedologia.net/it/AGRI-FORESTER/cms/Pagina.action?pageAction=&page=InfoSuolo.59&localeSite=it 

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